sabato 13 marzo 2010

Galline a terra o galline in batteria? A proposito della campagna LAV

IL 13 e 14 marzo la LAV propone una campagna per sensibilizzare i consumatori sulle potenziali sofferenze delle galline ovaiole allevate in batteria (http://www.infolav.org/), proponendo in alternativa l’allevamento a terra o il biologico come esempi da seguire.
Come è noto, la legislazione sull’etichettatura delle uova propone tra le altre cose l’attribuzione di un numero in relazione alla tipologia di allevamento dalla quale le uova provengono (0= biologico; 1= all’aperto; 2= a terra; 3= in batteria).
I movimenti animalisti da tempo portano avanti una battaglia a favore di condizioni migliori di vita ed allevamento per le galline ovaiole, che nell’80 % dei casi in Italia sono allevate in batteria, ove sembrerebbero accusare problemi di comportamento e di stress. Dalla parte dei movimenti animalisti vi è la Direttiva 74/1999 che impone l’abolizione delle gabbie di batterie dal 1 gennaio 2012, e che sta trovando forti resistenze da parte delle industrie di produzione, per via degli eccessivi costi necessari alla riconversione degli allevamenti che determinerebbero un incremento dei costi di produzione, con un conseguente danno di competitività per le aziende (http://www.luigiboschi.it/?q=node/29891).
I pareri sulla qualità nutrizionale delle uova allevate a terra rispetto all’allevamento in batteria sono discordanti, ma alcuni ricercatori (British Journal of Nutrition, Pennsylvania State University, Mother Earth News) hanno dimostrato che le uova da allevamento biologico o all’aperto sarebbero più ricche di omega 3, vitamine A, E, D, B12, beta carotene, acido folico e conterrebbero meno colesterolo di quelle in gabbia.
E dal punto di vista igienico come la mettiamo con gli allevamenti a terra?
“Il peggio, osserva l'Unione Nazionale Consumatori, è che vivono nei loro escrementi, ove depositano le uova. ……Gli allevamenti a terra o, più esattamente, i capannoni chiusi in cui le galline vivono ammassate nei loro stessi escrementi sono pochissimi proprio perché comportano problemi di igiene e di gestione molto pesanti, producendo una melma putrida ed esalazioni pestilenziali……………. Inoltre, poiché le condizioni igieniche sono pessime, gli allevatori devono mettere una maggiore quantità di antibiotici nei mangimi per prevenire le malattie delle galline e gli antibiotici, come è noto, finiscono nelle uova. La quantità di queste ultime non è affatto superiore a quelle delle uova in batteria, come sostengono falsamente gli animalisti, anzi da un punto di vista igienico non sono affatto raccomandabili.”
(http://www.europeanconsumers.it/articolo1.asp?art=632)
Conferma di ciò si trova ad esempio nel Disciplinare di Produzione Integrata per le Uova da consumo fresco della Regione Emilia Romagna (http://www.agraria.it/disciplinari/egg1.htm) nel quale si legge: “Tecniche di allevamento: Sono ammesse le forme di allevamento in ambienti chiusi. Per ovvi motivi igienici e sanitari le galline devono essere allevate in batteria”.
La disputa resta aperta insomma!

lunedì 8 marzo 2010

dalla canapa alla birra...

Il mercato delle birre richiede sempre la novità, si sa, ma a volte il sospetto e l’errata comunicazione, specialmente se si parla di prodotti alimentari, possono rendere problematica anche una situazione che non lo è.
È questo il caso della Mary-Jo, birra ceca prodotta a Trebon, vicino Ceske Budejovice, capitale della Budweiser, che si contraddistingue per la presenza al suo interno di Canapa quale sostanza aromatizzante, priva naturalmente di sostanze illecite (THC, delta-9-tetraidrocannabinolo) http://www.ecn.org/hemp/Thc/index.htm. Per effetto di vari articoli pubblicati in diversi quotidiani (http://tribunatreviso.gelocal.it/dettaglio/montebelluna-sequestrata-la-birra-alla-cannabis/1856509) a proposito del prodotto, e a causa dell’utilizzo di termini scorretti (marijuana in abbinamento alla birra) i NAS di Treviso, coerentemente con quanto previsto dal loro protocollo organizzativo, hanno provveduto al sequestro cautelativo del prodotto (http://www.newsfood.com/q/9d650063/mary-jo-birra-amaricante-alla-canapa-o-contiene-anche-sostanze-proibite/). Bisogna specificare che la Mary-Jo (attualmente importata in Italia dall’Azienda Hemporio di Montebelluna, Treviso) (http://hemporio.mary-jo.eu/) non è l’unica birra che impiega canapa come aromatizzante in quanto Birra Amiata (http://www.birra-amiata.it/) produce Gincana, birra aromatizzata a base di ginepro e canapa. Ed anche qui i sospetti potrebbero dare adito a chissà cosa…….e voi che ne pensate??? (già immagino i commenti di qualcuno/a…..)